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Esercizi di stabilizzazione cervicale

Il dolore cervicale o cervicalgia è un disturbo comune, si stima infatti che ne soffra il 22% – 30% della popolazione generale (1)(2). Negli ultimi anni la ricerca ha dimostrato una stretta associazione tra la riduzione di forza e resistenza della muscolatura del collo e la cervicalgia (3)(4).

I muscoli maggiormente interessati da questo fenomeno sono i flessori profondi del collo ed i suboccipitali (5)(6)(7). Uno studio ha rilevato una minore resistenza dei muscoli cervicali anteriori e posteriori nei pazienti affetti da artrosi degenerativa (8). In un’ altra indagine effettuata su pazienti colpiti da cefalea cervicogenica, è stata rilevata una riduzione di forza e resistenza isometrica dei flessori cervicali (9). Come per il resto della schiena, gli schemi motori aberranti e la debolezza muscolare provocano instabilità spinale e conseguentemente riproducono il ciclo vizioso di traumi ripetitivi, infiammazione e dolore cronico.

Esistono due tipi differenti di stabilità spinale: statica e dinamica. La stabilità statica è mantenuta dai tessuti passivi della colonna vertebrale come: i legamenti, i dischi, le ossa e le capsule articolari. La stabilità dinamica è invece la risposta muscolare che mantiene allineate le strutture vertebrali in risposta a delle perturbazioni, come quelle provocate dal movimento fisiologico o da forze esterne.


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La carenza di Potassio

Il Potassio, simbolo chimico K, è lo ione più abbondante del nostro organismo a livello intracellulare. Circa il 98% del potassio totale del nostro corpo è contenuto all’interno delle cellule, in particolare nel tessuto muscolare, mentre solo il 2% del potassio totale è presente nel liquido extracellulare (1).

La carenza di potassio è spesso causata da malattie croniche, traumi o terapie con farmaci diuretici. Un grave stato carenziale di potassio a livello sanguigno, detto ipocalemia, può provocare debolezza, dolori e crampi muscolari, paralisi e confusione mentale. Dall’altro lato un eccesso di potassio, fenomeno estremamente raro, può invece causare ulcere all’intestino tenue ed in casi estremi anche l’ arresto cardiaco (2). La letteratura medica ha documentato ampiamente le conseguenze di gravi carenze di potassio, tuttavia gli effetti di un deperimento subclinico di questo ione non sono ancora stati sufficientemente studiati.


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I radicali liberi

Negli ultimi anni la parola stress ossidativo è diventata parte integrante del nostro vocabolario. Tuttavia solo poche persone sanno di cosa si tratti esattamente e quali siano le implicazioni dello stress ossidativo per la salute.

Lo stress ossidativo è legato al processo d’ invecchiamento cellulare provocato dai radicali liberi. I radicali liberi sono delle molecole nocive per le cellule causate da radiazioni, sostanze chimiche, inquinamento, fumo di sigaretta, etc. Anche la digestione e lo stesso metabolismo cellulare producono radicali liberi, per questo una dieta con poche calorie ha un effetto antiossidante.

I radicali liberi per loro natura sono molecole instabili in quanto posseggono un elettrone non appaiato nel loro orbitale esterno (1). Per ritrovare la loro stabilità molecolare i radicali liberi sottraggono un elettrone da un’altra molecola o cedono il proprio elettrone. Questo processo biochimico avvia una reazione a catena estremamente dannosa per le strutture cellulari. I radicali liberi danneggiano tutti i componenti della cellula, dai lipidi, alle proteine fino al DNA stesso.

Lo stress ossidativo è alla base del processo d’invecchiamento e di morte cellulare (2). I radicali liberi inoltre giocano un ruolo importante nel processo infiammatorio, attivando i geni che determinano la produzione di citochine pro infiammatorie. I radicali liberi sono coinvolti in tutte le patologie degenerative come: cancro, diabete, cirrosi epatica, malattie cardiovascolari, degenerazione maculare, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, sclerosi multipla, artrite, etc. (3).


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Glicemia ed Infiammazione

I processi infiammatori sono influenzati in maniera determinante dalla glicemia e dagli ormoni che la regolano. La glicemia rappresenta la quantità di glucosio presente nel sangue ed è controllata da ormoni come l’insulina, il glucagone ed il cortisolo. Con il passare del tempo, una cattiva alimentazione, lo stress ed i fattori genetici possono portare ad una disregolazione glicemica. Questo fenomeno consiste in una instabilità dei livelli glicemici con effetti deleteri sulla salute.

L’insulina ed il glucagone sono ormoni prodotti dal Pancreas. L’insulina è un ormone anabolico ovvero stimola la crescita del tessuto muscolare e la sintesi degli acidi grassi (1). Il glucagone invece, assieme all’adrenalina ed al cortisolo, è un ormone catabolico ovvero ha la funzione di scomporre le proteine, i grassi e gli zuccheri complessi provenienti dai tessuti, per la produzione di energia cellulare. L’insulina ed il glucagone hanno effetti contrastanti tra loro e si modulano reciprocamente in maniera antagonistica.

Quando ingeriamo un pasto ricco di carboidrati, il livello d’insulina nel sangue sale rapidamente mentre la concentrazione di glucagone scende (2). Molto spesso parlando di diete si menziona il così detto indice glicemico o IG. Questo valore indica la risposta glicemica di ciascun alimento rispetto ad un cibo di riferimento rappresentato dal pane bianco, il cui IG è pari a 100. In generale, più un alimento è raffinato, ovvero a base di farine bianche, zuccheri semplici, etc., maggiore sarà il suo indice glicemico. L’IG dei carboidrati complessi, composti da grani o farine integrali ricche di fibre, è sostanzialmente basso. L’indice glicemico del glucosio è di circa 138, quello del pompelmo 36, degli spaghetti 42, etc. (2)


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Gli Acidi Grassi Omega-3 ed Omega-6

Un apporto non bilanciato di acidi grassi è alla base di uno stato metabolico pro-infiammatorio. Gli omega-3 ed omega-6 sono detti acidi grassi essenziali in quanto, pur essendo indispensabili per la nostra salute, non possono essere prodotti dal nostro organismo e devono essere necessariamente assunti con l’alimentazione.

Un eccesso di acidi grassi omega-6, come l’acido linoleico e l’acido arachidonico, associato ad una carenza di omega-3, è un fattore causale in molte patologie. Gli omega-6 sono acidi grassi pro-infiammatori, in quanto vengono trasformati in molecole come le prostaglandine E-2, il leucotriene B-4 ed il trombossano A-2. Nel popolo eschimese, la cui dieta è elevata in omega-3 e bassa in omega-6, esiste una bassa prevalenza di malattie degenerative, molto diffuse invece nei paesi occidentali. Gli eschimesi non soffrono di problemi cardiovascolari, diabete, appendicite, diverticolite, tumori, colite ulcerosa, calcolosi biliare, psoriasi, sclerosi multipla ed artrite reumatoide (1)(2).

La dieta tradizionale eschimese, al contrario di quella occidentale, ha un apporto equilibrato di acidi grassi che contribuisce a prevenire le patologie degenerative. Attualmente, l’utilizzo crescente di olii vegetali, carni animali e cibi ricchi in omega-6, è uno dei maggiori responsabili dell’incremento dei casi di cancro, artrite reumatoide, malattie autoimmuni, e di tutte le patologie caratterizzate da un’aumentata produzione di citochine pro-infiammatorie (3)(4).

Durante l’evoluzione la dieta umana, è sempre stata caratterizzata da un equilibrio tra omega-6 ed omega-3 in un rapporto di circa 1 a 1 (5). Negli ultimi decenni, i cambiamenti alimentari hanno causato una notevole diminuzione dell’apporto di acidi grassi anti-infiammatori. Si stima infatti che nella dieta occidentale, la quantità di omega-3 presente nei cibi sia inferiore ad un decimo rispetto a quella di omega-6.


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Alimentazione e Dolore

Negli ultimi anni la ricerca ha dimostrato che la dieta influenza direttamente lo stato infiammatorio del nostro organismo e conseguentemente il nostro livello generale di dolore. La risposta infiammatoria non è solo legata a traumi fisici, così come una contusione od uno strappo muscolare, ma è spesso provocata da alimenti che generano un’eccesiva produzione di sostanze pro infiammatorie. Come sosteneva il filosofo Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia”. Infatti è ormai fatto noto che i processi infiammatori provocati da una cattiva alimentazione sono alla base di quasi tutte le patologie croniche: dal diabete all’artrite, dalle malattie cardiovascolari ai tumori (1)(6).

Lo stress alimentare provoca cambiamenti nella biochimica cellulare simili a quelli che avvengono con i traumi fisici, l’unica differenza è che nel caso dell’alimentazione il trauma avviene ogni qual volta mangiamo, 3 o più volte al giorno, per ogni giorno della nostra vita.

E’ stato osservato che il consumo giornaliero di alcuni alimenti provoca un aumento considerevole dei marker dell’infiammazione come: la proteina C reattiva ad alta sensibilità (PCR hs), il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa), l’interleuchina 6 (IL-6), etc. (1).

Nella maggior parte dei casi, le conseguenze degli stress alimentari passano inosservate per decenni. Per questa ragione molte persone rifiutano un’ associazione diretta tra dieta, infiammazione e patologia.

Per evitare il dolore e gli effetti nocivi dell’infiammazione, è consigliabile innanzitutto eliminare dalla dieta gli alimenti pro infiammatori come: zuccheri raffinati (nella forma di zucchero semplice, dolci e farina), olii, grassi saturi ed anche alcuni tipi di legumi e cereali.


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Acidità dei tessuti e infiammazione

Da molti anni si parla dei miracolosi benefici della così detta dieta alcalina. Questo tipo di dieta prevede il consumo di cibi ad effetto alcalinizzante sul nostro organismo, evitando accuratamente alimenti acidificanti. Uno dei primi sostenitori dell’importanza del pH nei processi fisiologici e nello sviluppo di patologie cellulari degenerative, in particolare dei tumori, è stato il premio Nobel per la medicina Dr. Otto Heinrich Warburg.

Il livello di acidità viene espresso da un indice denominato pH. Un pH uguale a 0 è completamente acido, un pH pari a 14 è del tutto alcalino o basico, mentre un pH 7 viene definito come pH neutro. Nel nostro corpo, abbiamo differenti livelli fisiologici di pH. Ad esempio all’interno dello stomaco, il pH è estremamente acido, circa 1,35-3,5, per meglio digerire i cibi. Il sangue è invece leggermente alcalino, con un pH che varia tra 7,35 e 7,45. Il pH del sangue arterioso è di circa 7,4, mentre quello del sangue venoso e dei liquidi interstiziali è di 7,35. La regolazione del pH extracellulare è indispensabile, in quanto il corpo non può sopravvivere con valori di pH inferiori a 6,8 o superiori a 8,0 . All’interno delle cellule il pH si aggira tra 6,0 e 7,4, con una media di circa 7,0 . Quando una cellula è danneggiata dalla mancanza di perfusione sanguigna o nel caso di un metabolismo accelerato, il pH intracellulare si acidifica compromettendo le funzioni cellulari (1).

Il nostro organismo è una macchina che produce costantemente acidi, a partire dal metabolismo cellulare fino a quello batterico (2). Il metabolismo del glucosio, dei trigliceridi e delle nucleoproteine, rilascia molecole acide come gli ioni idrogeno (H+) ed il diossido di carbonio (CO2). Anche il metabolismo batterico di alimenti male assorbiti come: carboidrati, proteine e grassi, risulta nella produzione di acidi (2). Il nostro corpo riesce a gestire in maniera molto efficace l’equilibrio del pH. Davanti ad un eccesso di acidi l’organismo utilizza come prima difesa le molecole extracellulari di bicarbonato. Successivamente interviene con l’aumento della respirazione per abbassare i livelli di CO2. Un altro meccanismo per tamponare il pH, prevede l’utilizzo delle proteine intracellulari e delle molecole di fosfato organico provenienti dal tessuto osseo. Come ultima misura per ridurre l’acidità, i reni combinano le molecole di ammoniaca (NH3) con gli ioni idrogeno creando ammonio (NH4), il quale viene eliminato tramite l’ urina.


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Imparare a sollevare e spostare carichi è indispensabile per la salute della nostra colonna vertebrale. Nonostante i carrelli ed i macchinari offrano un notevole aiuto, in alcuni casi non si può evitare di sollevare oggetti pesanti manualmente. Per evitare dolorosi strappi muscolari ed ernie discali, attenetevi quanto più è possibile alle seguenti linee guida (1)(2): 1) Valutate l’ oggetto da spostare e rispondete a queste domande: Posso sollevare questo carico da solo in sicurezza oppure è consigliabile sollevarlo in più persone?


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Il Magnesio, simbolo chimico Mg, subito dopo il potassio è lo ione più abbondante del nostro organismo a livello intracellulare. Circa il 50% del magnesio totale del corpo è contenuto nei tessuti molli, mentre l’altra metà fa parte del tessuto osseo. Solo l’ 1% di tutto il magnesio è presente nel sangue


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La Scelta del Cuscino

La scelta del cuscino ha un impatto enorme sul benessere della nostra schiena e quella del nostro sonno. Un cuscino non adatto influisce non solo sul riposo, ma può anche peggiorare i mal di testa, i dolori cervicali, i dolori alle spalle, gli addormentamenti alle mani e le difficoltà respiratorie.

I cuscini così come i materassi non durano in eterno. Nel tempo ogni cuscino accumula cellule morte, muffe, funghi, polvere ed acari. Nel giro di pochi anni queste impurità possono arrivare a costituire fino al 50% del peso totale del cuscino. Inoltre il materiale di riempimento dei cuscini ha una certa durata, soprattutto nel caso dei materiali sintetici. Un cuscino di qualità dovrebbe essere sostituito dopo circa 4-5 anni, mentre uno economico deve essere cambiato entro i 2 anni.

Prima di acquistare un cuscino, pensate innanzitutto alla maniera in cui lo utilizzate abitualmente ed alla vostra posizione preferita a letto. L’obiettivo principale di un buon cuscino è quello di mantenere il collo allineato al resto della colonna vertebrale evitando di provocare piegamenti eccessivi del capo.

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